Mi dispiace si pone con umiltà, guarda l'altro di fronte ed è in contatto cuore a cuore, senza accusa e giudizio, avvicina e ridà pace. Se si vuole veramente risolvere una questione, bisogna guardare l'altro negli occhi e fare qualcosa per farlo sentire meglio. Ciò fa sentire meglio anche noi. Scusa nasce dal volere discolparsi da una mancanza, è voler allontanare da qualcuno l’accusa, cioè scagionarsi, giustificarsi. Dietro ogni scusa c’è un senso di colpa che si vuole eliminare. Non si è in grado di entrare in empatia con il dolore che abbiamo causato nell’altra persona. Agisce sempre su un piano superficiale e in modo formale in varie circostanze.
L’altra parola che riguarda il perdonare qualcuno è un porsi al di sopra. C’è immediatamente un giudizio – io sto nel giusto, l’altro ha sbagliato. C’è una distanza emotiva e anche fisica. La relazione mostra uno superiore e l’altro sottomesso (che non è altro che la dinamica tra vittima e carnefice). Nessuno può veramente perdonare ergendosi come difensore di una verità presunta. E chi è in attesa del perdono cerca forme di espiazione come riparazione al danno.
Mi dispiace agisce in modo completamente opposto, come ci mostrano le Costellazioni Familiari di Bert Hellinger. La differenza la possiamo sentire nel nostro corpo, quando pronunciamo l’una o l’altra. Sentiamo in noi le sensazioni fisiche e le emozioni che ci informano su come stiamo e vediamo immediatamente sul volto dell’altra persona gli effetti che producono.
Nella maggior parte delle volte noi non crediamo affatto o siamo presi dal dubbio sulla veridicità e sincerità circa le scuse ricevute o date. A volte le rifiutiamo con rabbia. Quando sentiamo la parola perdono, c’è disagio, imbarazzo, ci sentiamo piccoli e soprattutto colpevoli e meritevoli di punizioni. In entrambi i casi non stiamo bene e non risolviamo il conflitto.